Differenze linguistiche che nota un'incallita siciliana: io.
Quando mi parlano non sempre comprendo il contenuto del messaggio, a maggior ragione quando l'altra persona proviene da una regione diversa dalla mia.
Mi accade, a volte, di dovermi fermare a riflettere sul perché mi ritrovo in mano un cornetto, dopo che la mia amica lombarda mi aveva invitato al bar per mangiare una brioche.
Dalle mie parti – in Sicilia – la brioche è brioche con il ruppu per l'esattezza. Per me è una sorta di istituzione di ogni colazione che si rispetti, specialmente quelle estive, mentre il cornetto è il croissant.
questo piccolo disguido linguistico mi porta a pensare: non vi capisco, ma perché le CHIAMATE brioche?
Sarebbe semplice se la differenza fosse solo tra cornetto e brioche. Oh sì, sarebbe un'unica sola cosa. Invece, sempre rimanendo dentro il bar – uno qualunque di Milano o nord Italia – nasce un altro assurdo disguido linguistico mentre si prende il caffè.
Lo so, sembra assurdo trovare differenze linguistiche pure nell'ordinare un caffè, ma qui a Milano la prima volta che ero al bancone di fronte il barista questo mi chiese:
«Il caffè lo vuole liscio o corretto?».
Ma che devo dire?
Io lo guardo incerta, non tanto per la difficoltà su cosa rispondere, fino a corretto ci sono, anche se al sud non mi è mai successo che mi chiedessero di volerlo con l'aggiunta di alcool.
Invece, la mia incertezza e difficoltà nasce dal sentire per la prima volta nella mia vita l'associazione tra liscio a caffè.
«Lo voglio normale».
«Allora lo vuole liscio?»
Ah perché liscio è normale?
«Ma perché voi ci mettete il sale?»
«Mi scusi ma in che senso? certo che no».
«Allora perché domandate se lo voglio insipido?» il barista a quel punto pensa di parlare con una squilibrata e guardandomi con faccia Incerta aggiunge:
«Le faccio un caffè normale, poi se lei vuole aggiungere il sale glielo prendo».
«No, no guardi va bene anche con lo zucchero di canna».
Non sono mai più andata in quel bar per la vergogna, avrebbe avuto senso tornarci per spiegargli che liscio dalle mie parti, vuol dire privo di sale, insipido, ed io lo utilizzo per esprimere un giudizio sul gusto della pasta.
Da pasta a caffè ci passano sotto una serie infinite di altre parole, alcune anche associabili, ma non di certo liscio con caffè.
Ecco perché io a voi del nord non vi capisco.
posso dire che nemmeno voi capite me?
certo che sì!
Qui il quesito non è tanto cos'è giusto o cos'è sbagliato, nemmeno che la busta della spesa venga chiamata borsa – vi immaginate una donna che mette i peperoni dentro una Louis Vuitton? Io sì, ogni volta che la cassiera mi chiede se mi serve la borsa della spesa.
Va bene, forse il problema è da attribuire alla mia fantasia e alla mia volontà di adattarmi, senza perdere i termini e i modi di dire del mio territorio.
L'ho detto, la colpa è mia, il problema sono io! Sono un'incallita siciliana che non riesce ad andare al di là della sua – per certi versi – errata terminologia. Lo sto ammettendo adesso, dopo che ho attuato un processo di adattamento, che comunque prevede l'inserimento di termini del sud sparsi qua e là, all'interno delle mie conversazioni al nord. Come ad esempio dire zito al posto di moroso – nessuno mi deve soldi.
Scusate, forse devo ancora ambientarmi per bene e amare appieno queste differenze linguistiche che riconosco come arricchenti della lingua italiana. Sono certa, che riuscendo nell'impresa di accettare tali differenze, la mia comunicazione sarebbe davvero molto top, ma di questo passo da lumaca, ci riuscirò quando ormai sarò una sciura.
Oh che brava, ho usato due termine milanesi!
Comments