Trascorrere le giornate tra incontri reali e contatti virtuali
L'altro giorno ero in giro per la città e mentre guardavo un libro tra gli scaffali della libreria Mondadori, ascoltavo la conversazione di due ventenni accanto a me.
Lo so, lo so, non si fa, non si origliano le conversazioni altrui, ma è stato più forte di me.
Oltre al fatto che, le due giovani donne hanno attirato la mia attenzione, perché passandomi vicino mi hanno fatto cadere la borsa dalla spalla dicendomi: «ci scusi signora!»
Signoraaaa a me, a me! Ma come si permettono?
Ora se fossi stata davvero una persona di una certa età, gli avrei dovuto dire: «state sempre con lo sguardo fisso sul cellulare, sempre a guardare i social, ecco perché mi avete urtato».
Ma non l'ho fatto, non lo farei mai, ma poi - soprattutto - ero io ferma che guardavo la chat di Instagram che riempivo di faccine buffe da inviare alla mia amica.
Allo stesso modo, Molti attorno a me fissavano un po' lo schermo e un po' i libri, un po' la realtà e un po' il virtuale - erano un po' nel sociale e un po' nel social.
Mi sono subito chiesta: sono come loro? Vivo in una mezza realtà? Abito con un piede nel reale e l'altro nel virtuale? No non può essere, non è potuto accadere a me, che ho vissuto una parte della mia vita senza tecnologia alcuna. Riflettendo sulla mia porzione di esistenza priva di internet, di telefoni cellulari e di social, mi è risultato scontato pensare: cavolo, sono una millennials, sono davvero una tizia da chiamare signora.
Mentre mi affliggevo sullo scorrere del tempo e su quanto hanno ragione nel non nominarmi signorina - sono pur sempre sposata -, le due ventenni mi svelano due verità:
Ho ragione, ho un'età - mannaggia a me. Quelle robette gialle si chiamano emoji e non faccine. Mi accorgo di aver sbagliato, nel momento in cui una delle due suggerisce all'amica quale espressione è più affine al messaggio che stavano inviando insieme, utilizzando il termine giusto: emoji.
Ho torto! Un torto marcio a pensare che vivo in un limbo social/sociale. Ma cosa mi viene mai in mente? Proprio quelle due vestite anni '90 - le mie carissime giovani copiatrici di look vintage - hanno discusso sul contenuto da inviare a un ragazzo, riconoscendo che mai avrebbero usato le stesse parole se fossero state di fronte a lui.
Nessuno limbo, per me i due mondi sono ben separati.
Più mi convinco di questo più iniziano ad apparire nella mia mente tutte le nette differenze tra sociale e social e i comportamenti diametralmente opposti che metto in atto.
Nel mondo reale non risponderei a una persona con un messaggio verbale contornato da una serie di emoji (uso del termine appropriato) che andrebbero a rafforzare il concetto espresso.
Io che faccio la linguaccia, subito dopo l'occhiolino e infine mi trasformo in una scimmietta che si tappa gli occhi dopo aver detto qualcosa di allusivo.
Ora ci provo, giusto per vedere l'effetto che fa!
«Love ti mangio».
«Quando vuoi, c'è un sacco di cibo in frigo».
«No, no io intendevo a te».
Vai con le faccine Simo. Linguaccia e occhiolino fatti. Adesso verso della scimmia con le mani sugli occhi. Fatto! Ah vero, ho sbagliato, si chiamano emoji!
«Ma perché fai finta di essere una scimmia che non ci vede? Ci sono pure le banane se vuoi».
Ecco, la comunicazione perde totalmente di significato. Inoltre, pensandoci il mio modo di espormi suoi social non è uguale a come appaio nella realtà. Non mi faccio mica vedere in pigiama, non mostro parti del mio corpo, tendo a far vedere la parte migliore di me. Certo, poi non è colpa mia se quest'ultima combacia con quella pasticciona e maldestra.
Ma che razza di parte migliore è?
Oh non si può avere tutto dalla vita - me ne faccio una ragione, nella speranza che possa piacere pure così - così come nel mondo reale.
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